IMMANUEL KANT

(Königsberg, 22 aprile 1724 – Königsberg, 12 febbraio 1804)

Olio su tela del Filosofo.

Ragion pura e Ragion pratica individuano due sfere della natura umana, intelletto e volontà, che governano conoscenza e morale. Esiste tuttavia una “terza facoltà” affrontata da Kant nella Critica del giudizio: il sentimento. Con tale espressione Kant intende la capacità dell’uomo di rivolgesi al mondo fenomenico, scorgendo tuttavia in esso qualcosa di più del semplice ordine naturale: egli coglie cioè una finalità – un’armonia, uno scopo – che fa presagire quella realtà sovrasensibile che è al di la dei limiti della ragione. Nella terza Critica ( che avrà un grande successo tra i romantici ), Kant studia in particolare due tipi di giudizio: il giudizio estetico e quello teologico.
Il primo consiste nella capacità di cogliere il rapporto tra un oggetto e il sentimento di piacere o dispiacere che esso provoca in noi, in ragione di un0armonia che si instaura tra immaginazione e intelletto.
I giudizi estetici non forniscono una conoscenza delle cose di cui trattano ( non ne rivelano per es. la perfezione ), come ritenevano alcuni razionalisti, ma non si lasciano nemmeno ridurre alla mera soggettività, secondo le teorie degli empiristi. Quando diciamo che qualcosa è bello, non vogliamo dire soltanto che ci piace, ma che ha dei caratteri universali che dovrebbero essere colti da chiunque. L’universale non è però nelle cose, ma in noi stessi. Kant elabora così una critica del gusto, che spighi l’universalità del giudizio estetico sulla base di una comune natura degli uomini, quando essi si volgono alla contemplazione dei fenomeni, osservandoli cioè in modo disinteressato.
Tanto la contemplazione della natura quanto quella dell’arte può suscitare due tipi di giudizi estetici legati al bello e al sublime. Se il primo riguarda la contemplazione di un rapporto armonico, il secondo ha a che fare con ciò che è smisurato, con l’infinito. Kant distingue tra sublime metafisico, che si manifesta quando contempliamo qualcosa di immensamente grande, e sublime dinamico, che riguarda la presenza di forze di immensa potenza ( si pensi alle tempeste, così care all’immaginazione romantica).
Il giudizio teleologico concerne invece la capacità di cogliere nella natura ( e in particolare nel mondo biologico, dal filo d’erba all’uomo ) una finalità interna – un’organizzazione tendente a un fine – che sembra portare a cause differenti dalle cause meccaniche, che sono le sole a essere ammesse dalla scienza. Ciò conduce a concepire la natura “come se” fosse il prodotto di una volontà intelligente.
Kant sembra così spiegare l’esigenza di cogliere a tutti i costi della finalità della natura come l’espressione di un bisogno originario della nostra mente. Va però sottolineato che riconoscere la presenza di un bisogno non significa certo assumere che esso sia giustificato o soddisfatto. Kant ribadisce cioè che l’orizzonte finalistico è estraneo alla conoscenza umana: la dimostrazione di un’eventuale finalità della natura cade fuori dai limiti della nostra possibile conoscenza. Il giudizio teleologico ha però un’utile funzione nel sottolineare ancora una vita i limiti della ragione umana.

Filosofia: L’uomo, Il pensiero, Il linguaggio, La fortuna nel tempo.
AVALLARDI

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